Il dilemma del cane

Il racconto che vi propongo oggi è una sorta di esperimento: narrazione in tempo presente (solitamente il passato remoto è più nelle mie corde) e soprattutto, in seconda persona. La seconda persona è poco usata in narrativa. Per lo più gli scrittori prediligono la prima, narrando gli avvenimenti in soggettiva o pseudo soggettiva, secondo il punto di vista di uno o più personaggi, magari sotto forma di diario – come ad esempio il Dracula di Bram Stoker. Oppure in terza persona, il punto di vista del narratore esterno e onnisciente. Le seconda persona invece è estremamente rara in letteratura. É una forma piuttosto singolare, nella quale il narratore racconta al lettore immedesimato nel personaggio che cosa sente, cosa pensa e cosa fa. C’è però un tipo di narrazione che fa uso abbondante della seconda persona, ovvero la narrazione di un master in un gioco di ruolo. In quel caso il narratore descrive le situazioni e gli accadimenti come vengono percepiti dai personaggi. In quel contesto è molto funzionale, e in ogni caso si alterna alle narrazioni in prima persona dei vari giocatori (e talvolta anche in terza persona).

Ma in un racconto la seconda persona suona alquanto strana. In principio il lettore è un po’ disorientato, poichè si trova un testo che si rivolge ad un lui che non è lui. Ma la chiave della seconda persona è la complicità. Un autore che scrive in seconda persona ti chiede di fidarti di lui: la storia ti propone esplicitamente di immaginare delle sensazioni diverse dalle tue, in un contesto diverso dal tuo, con delle idee ed esperienze che apprendi man mano di aver vissuto. É un po’ più faticosa per il lettore, perchè richiede questa complicità. Però alla fine, se si crea questo “patto”, se il lettore accetta di farsi condurre lungo questi binari ignoti, crea un trasporto piacevole ed intrigante. Nel racconto che segue ho fatto questo esperimento, e devo dire che le mie perplessità iniziali si sono dissolte man mano. In fin dei conti credevo molto peggio.

Quindi vi lascio alla lettura di questo piccolo nuovo racconto, che voglio dedicare a tutti coloro che, pur amando e rispettando gli animali, non perdono di vista il rispetto ed il valore della vita umana.

96af7768cc8e9825f9d1207082e14a57Non è stata una buona giornata. Una di quelle giornate partite storte e continuate ancora peggio. Lo scaldabagno rotto era già un minaccioso invito a tornare sotto le coperte, ma tu hai voluto comunque andare a lavoro. E poi la notizia del meccanico: il cambio è andato! A lavoro, la discussione col collega, che si dichiarava tanto buono verso il prossimo, ma poi accettava come cosa normale la sofferenza degli animali negli allevamenti-lager. Per un attimo avresti quasi voluto vedere lui a fare la vita di quei poveri maiali, lui che, grasso e unto in ogni stagione, aveva una inconsapevole affinità con i suini di cui faceva gran consumo! Così, sulla via di casa, hai deciso di fermarti al pub per affogare gli eventi nefasti del giorno in una pinta di Guinness. Peccato che la suddetta giornata non era ancora finita ed avrebbe avuto ancora un paio di occasioni per peggiorare. Come per esempio la pioggia.

Così, adesso ti ritrovi a camminare, schiaffeggiato dalla pioggia, con la Guinness nel sangue che mette un po’ di ebbrezza in ogni tuo passo. E mentre i piedi avanzano con un ritmo proprio, la testa vaga altrove, alla ricerca di un’idea di ombrello marrone nascosto nel bagagliaio di un auto, a sua volta parcheggiata sul ponte di un’officina chiusa da almeno un paio d’ore. E dire che ci avevi anche pensato: “ma no! Tanto oggi c’è il sole, poi finisce che lo lascio da qualche parte!”. Ed ora sei costretto ad arrangiarti con uno striminzito berretto di cotone. Per fortuna la strada per casa non è lunga. O almeno non lo sarebbe senza la pioggia. Per di più ti stupisci, perchè qualche anno fa non avresti accusato tutti questi effetti per una singola pinta di birra. Mentre cammini con la testa rincalcata nel colletto del giubbotto estivo, cogli di sfuggita il messaggio di un cartellone pubblicitario: “Quinto: Non Uccidere!”. Il comandamento campeggia sopra una mucca crocifissa con tanto di corona di spine, mentre il logo PETA firma il manifesto nel’angolo in basso a destra. Sorridi per una campagna così d’effetto, in grado di veicolare un messaggio per te così importante, e ti chiedi se ci sono altri cartelloni ispirati ad altre religioni, oltre che al cristianesimo.

Sorridi, anche perchè sei particolarmente sensibile all’argomento: vegetariano da otto anni, vegano da due, ti sei sempre battuto per la salvaguardia degli animali, talvolta anche in prima persona, e sei sempre più convinto che, più conosci gli umini e più ami gli animali, ritenendoli molto più degni di amore e compassione rispetto a tante persone. Procedi di buon passo assorto nei tuoi pensieri, la pioggia nel frattempo sembra calare di intensità. Dietro di te il rumore di una macchina in avvicinamento, forse un po’ troppo veloce: la visibilità è ridotta e poco più avanti sai che c’è un attraversamento pedonale. Ed eccoti, inconsapevole, al tuo appuntamento col destino. Così, la scena che prende forma davanti a te. In una frazione di secondo intuisci il pericolo prima che accada: il cane, un golden retreiver di qualche anno più vecchio del tuo Ercole , che scappa attraversando la strada, con dietro il bambino con la mantella rossa acetata, e la macchina che, a tutta velocità, scorre al tuo fianco sollevaando un’onda d’acqua verso di te. Come in una sequenza a rallentatore, il tuo cervello pensa veloce, cerca di convincersi che il cane ed il bambino non siano sulla traiettoria della vettura, ma questa incede inesorabile, mentre un brivido ti fa drizzare tutti i peli impregnati d’acqua, a partire dalle braccia fino alla cima della testa e la voce non fa in tempo ad uscire dalla tua gola. Il tempo rallenta ancora, il cane ed il bambino sono impietriti davanti ai fanali, la pioggia rallenta la sua caduta, la vettura tenta di frenare, sbanda un po’, rallenta…e si ferma. Ma non solo lei: tutto attorno a te è immobile. Il tempo ha smesso di scorrere.

Esterrefatto, rimani paralizzato anche tu per qualche istante, ma poi ti addentri confuso in quella scena surreale: La pioggia, il bambino col cane, la vettura, l’onda di acqua sollevata dalle ruote in aquaplaning: tutto è congelato in un’istantanea della realtà; tutto tranne te… e la voce alle tue spalle.

Morte grigia

Sono io la Morte e porto corona” avanza la voce con passi da burattino. “Io son di tutti voi Signora e Padrona. E davanti alla mia falce il capo tu dovrai chinare. E dell’Oscura Morte al passo andare.

Un brivido di freddo ti percorre la schiena fin dentro le vertebre. L’inverno stesso scorre nel tuo canale midollare. Alta più di due metri, manto nero come la tenebra, volto e arti scheletrici: davanti a te proprio Lei: la Nera Mietitrice, nella sua rappresentazione più classica Nord-Europea, se non fosse per quegli occhi senza palpebre che ti scrutano l’animo. É così reale, così palese, che neanche ti chiedi se stai sognando.

Li animalii sono melio delli homini”. Sentenzia quella mandibola senza lingua nè corde vocali, leggendo da una gialla pergamena. “Melio che muoia un homine tosto che un canide”; “La razza umana tutta farebbe melio ad estinguersi”; “senza lo cane mio morrei”; “est uno membro della mia familia al pari di tutti li altri”; “insegnerò a lo mio figliuolo a fidarsi più delli animali che delli homini”; “li animali donanti l’alma, li homini la menzogna”; “se perisce una persona forse un po’ mi rattristo, dipende chi è costui, ma se perisce un animale per me est una tragedia.Favelle ch’appartengono alla lingua tua, nevvero?

Deglutisci a fatica e poi rispondi ammettendo con un cenno del capo: sai che è impossibile mentire a quegli occhi scrutatori.

Vieni meco.”

La Morte ti passa a fianco e tu la segui, avvicinandoti al cane ed al bambino.

Ordunque ego comando. Hodie ego investo tibi dello fardello della responsabilità. Stanotte qualcuno ha da perire. Orsù, scegli! Lo canide o lo fanciullo?

La Nera Signora indica la scena con la sua ossuta mano.

Atterrito dalla scelta, ti volgi verso la Morte. In quel momento il tempo fa uno scatto: la macchina avanza d’improvviso di qualche centimetro, le gocce, sospese a mezz’aria, scendono di altrettanto.

“Che succede, adesso?” chiedi allarmato.

Lo tempo indomito est. Vuole tornare a incedere. Orsù decidi.

Esiti, osservi la scena. Nonostante la tua etica animalista, stai per sacrificare il cane, ma poi, osservandolo bene, ti accorgi che quel golden retreiver assomiglia proprio tanto al tuo Ercole. Troppo. Persino nella medaglietta…

“Non è possibile! Questo no, diamine! Quello è il mio Ercole! Non è giusto!”

Iustitia non est lo rolo meo. Ego non iudico. Ego mieto l’anime tutte, belle o brutte che siano.

Esiti, non te la senti di scegliere il bambino. Ma non riesci neanche a sacrificare Ercole, il tuo Ercole, il cane che quest’estate in campagna ti ha salvato la vita prendendosi un morso di vipera al posto tuo. Che corsa per salvarlo! “No, non ce la faccio, sono troppo affezionato a quel cane. E poi gli devo la vita, non lo posso condannare così.”

Ergo scegli ’l infante?

“No!” Guardi il bambino mosso a compassione, poi ispezioni rapidamente la scena, cercando una soluzione al dilemma. La attraversi in toto, ribaltando la tua visuale. In quel momento il tempo ha un altro sussulto, ed un terzo, e poi comincia a scorrere, seppur in maniera estremamente lenta. Capisci che la Morte non lo tratterrà ancora per molto.

Decidi! Tempus fugit!” Ti esorta la Nera Signora, estraendo una sinistra clessidra da sotto le vesti logore. E lì vieni colto da un lampo di genio: una strategia per gabbar la Morte.

“Aspetta! Forse c’è un’altra soluzione: tu dici che deve morire qualcuno. Ebbene, può morire il conducente dell’auto. In fondo ha vissuto già di più del bambino, magari è uno che la sera torna a casa ubriaco e picchia la moglie, o che spreca acqua a fiumi e la domenica cuoce carcasse di animali sul barbecue per mangiarli . E poi in fondo questa situazione è colpa sua, che doveva stare più attento e non correre così sotto la pioggia. È lui alla guida. Sì può fare, Morte?”

La Morte tace per qualche secondo, come se riflettesse.

E sia!

La pioggia torna a cadere, l’onda dell’acquaplanning riparte per la sua corsa verso il marciapiede. La macchina punta il bambino, il cane lo spinge via e si mette nel mezzo, la macchina tenta di schivarlo, lo colpisce di striscio, porta via un idrante e si schianta sul palo subito alle tue spalle, attraversandoti come se fosti incorporeo. Il conducente viene sbalzato attraverso il parabrezza, ed a quel punto il tuo volto sbianca di paura: l’uomo che ha sfondato il cristallo col cranio, l’uomo che gronda sangue dalla fronte e che ha la faccia tumefatta dall’impatto sei inequivocabilmente tu, anche se con qualche anno in più. Col tuo alter ego morente a pochi centimetri da te, ti giri verso la Morte come dicendo “Che diavolo significa!?! Bastarda! Questo non me l’avevi detto!!!”

Tu hai scelto lo conducente. Tu hai scelto chi debba perire.

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“PAPAAAAA’!”

Un grido trancia la tua risposta: il bambino nel frattempo è corso verso la macchina: ha riconosciuto suo padre nel guidatore morente. Nel tuo alter ego di qualche anno più vecchio. Capisci che non soltanto quel cane è Ercole tra qualche anno, e il guidatore morente sei tu tra qualche anno, ma anche il bambino è tuo figlio tra qualche anno! Le lacrime sgorgano dai tuoi occhi incorporei.

“Ti prego, Morte,” implori “fai morire Ercole! Fai morire il cane!” Il pensiero che tuo figlio dovrà crescere orfano è un fardello troppo grande per te.

Taci! Non è più tempo che tu ti pronunci!

Il panico ti sale dalla bocca dello stomaco verso la testa e le altre periferie del tuo corpo. Intanto il bimbo ha visto che anche il suo cane è a terra immobile. La pioggia rallenta di nuovo, così come lo zampillo dell’idrante divelto. La Morte va incontro al bambino. Il piccolo è palesemente scosso, ma la guarda negli occhi di fuoco piangendo.

La Morte: “Lo genitore tuo ha compiuto la sua scelta, ed ha preferito rinunciare ad una vita d’homine, la sua medesima, per salvare quella del canide. Ma l’ultima decisione est la tua. Scegli: l’homo o il canide?

Il bambino vede il tuo alter ego morente sul cofano della macchina e vede il cane accasciato sull’asfalto bagnato.

“Papà dice sempre che gli animali sono meglio delle persone,” risponde il bambino in lacrime, gli angoli della bocca contorti verso il basso “che i cani non tradiscono, e che è meglio se muore un uomo invece che un cane, e lui è voluto morire al posto di Ercole…”

Un altro brivido gelido percorre la tua schiena, che non riesce ad afferrare in pieno le conseguenze delle parole del bambino. La voce ti muore in gola, non riesci a dire niente, non sai se per la disperazione o perchè non ti è concesso. Riesci solo a pensare un nome: “Davide!”. Intanto il tuo alter-ego sanguinante riprende i sensi per qualche istante, il suo sguardo vaga, forse mette a fuoco il bambino per un attimo. Poi emette un rantolo, crollando nuovamente privo di sensi sul cofano della vettura davanti a te.

“Però io voglio il mio papaaaaà! Bwaaaaaaaaaaa.” Il bimbo cede del tutto al pianto ed al terrore, il volto trasfigurato dalla paura del vuoto che gli si prospetta davanti, quella sensazione di protezione, quell’esempio da seguire che sta perdendo, quei giochi con cui stava scoprendo il mondo. “BWAAAA Voglio il mio papaaaaaaaaaà, voglio il mio papaaaaaaaaaà.” La sirena straziante scaturisce dalla sua gola spalancata, mentre istintivamente batte impotente i piedi per terra per tentare di sfogare la sua disperazione.

La Morte, impassibile, volge il suo sguardo al cane. “Stat bene tibi?” Ercole solleva la testa per qualche istante, quasi rispondendo con un cenno del capo e poi si accascia guaendo. “La scelta est compiuta. Tu, piccola bestia, vieni meco.” Il cane si alza e si affianca al suo nuovo padrone, mentre allo stesso tempo il suo simulacro vuoto giace sull’asfalto ormai privo di respiro.

E tu, uomo” indicando il te moribondo con la sua mano ossuta “tu vivrai. Ringrazia lo cane et lo fanciullo.

 

5 pensieri su “Il dilemma del cane

  1. Arvas

    Bello, molto, specie nelle conclusioni. Branduardi tradisce un po’ di ingenuità creativa ma le due sorprese in fondo riconciliano. Esperimento riuscito. Intervallo con la terza persona fa salire il ritmo nella momento della tensione funziona alla grande. Forse qualche riga descrittiva in terza persona poco prima aiuta il ritmo?

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    1. Grazie Arvas!!! La citazione di Branduardi ha il solo scopo di omaggiarne l’autore. Se escludiamo questo significato, effettivamente può essere anche omessa. Dove aggiungeresti le tre righe di descrizione in terza persona?

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